La filiera della carne è la più virtuosa in materia di spreco rispetto alle altre filiere alimentari (es. ortofrutta). La FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ha stimato che circa 1,3 miliardi di tonnellate annue di cibo potenzialmente disponibile per il consumo viene scartato e buttato durante le varie fasi della filiera alimentare, dalla coltivazione dei prodotti agricoli agli avanzi di cibo già cucinato. Le quantità sprecate dipendono strettamente dal contesto territoriale, da aspetti culturali e anche dalla disponibilità di tecnologie efficienti lungo tutta la filiera.
Nel descrivere le dinamiche collegate allo spreco alimentare, è bene fare una distinzione di base tra due fondamentali concetti, “food losses (scarti)” e “food waste (rifiuti)”:
– gli scarti sono costituiti dalla massa di cibo commestibile che si “perde” all’interno della filiera produttiva, cioè durante le fasi di produzione agricola, movimentazione e stoccaggio, trasformazione e confezionamento degli alimenti;
– i rifiuti alimentari rappresentano invece la quantità di cibo che non viene mangiata dopo essere stata immessa sul mercato, ovvero nelle fasi di distribuzione e consumo domestico.
I sottoprodotti del bovino: recupero e riutilizzo
Nella società del benessere dove lo “spreco alimentare” ha raggiunto livelli insostenibili, il settore delle carni è fra i più virtuosi, sia dal lato della produzione che del consumo: i motivi di questa particolare sensibilità si devono ricercare nell’elevato valore economico, culturale e sociale, oltreché nutritivo, attribuito alla carne da parte dei consumatori e nella possibilità di poterlo recuperare in infiniti modi, dal campo sino alla cucina di casa. La produzione e il consumo di carne generano infatti una quantità di scarti e rifiuti più che dimezzata rispetto a frutta e verdura e pari a quasi la metà dei rifiuti della filiera dei cereali. La quantità di scarti generata all’interno della filiera produttiva della carne è quindi inferiore rispetto alle altre categorie di alimenti considerate (cereali, radici e tuberi, frutta e verdure, pesce, latte) ed è seconda soltanto ai semi oleiferi e legumi. Il contributo di INALCA alla lotta contro lo spreco si articola su due fronti, il primo dei quali rivolto alla riduzione degli scarti (food losses). INALCA da tempo ha sviluppato numerosi canali di recupero di alcune tipologie di scarti in vari settori, alimentare, farmaceutico, agricolo. Oltre ad ottimizzare i sistemi di recupero, il cuore della lotta allo spreco consiste nel collocare nella filiera alimentare la percentuale più alta possibile di prodotti. Alcune parti come le ossa ed alcuni tessuti molli, pur idonei a processi di recupero nel settore alimentare dal punto di vista sanitario, vengono declassati in altri circuiti come quello del pet food o di prodotti tecnici per carenza di tecnologie dedicate. È quindi necessario sviluppare impianti prototipali di trasformazione, soprattutto di tipo biotecnologico per ottenere nuovi prodotti alimentari. Nell’ultimo decennio tecnologie basate sull’idrolisi enzimatica o batterica si sono notevolmente sviluppate fornendo concrete opportunità per un pieno impiego nell’industria. A tal fine, INALCA aderisce al cluster tecnologico nazionale “CLAN” (Cluster Agrifood Nazionale) e al progetto SO.FI.A (Sostenibilità della filiera Agro Alimentare Italiana) che hanno finalità specifiche di ricerca in questo settore.